CON LA STAGIONE ESTIVA INFUOCATA SI RIPROPONE L'ANNOSO PROBLEMA DEGLI INCENDI BOSCHIVI. SARDEGNA, SICILIA, CALABRIA E CAMPANIA LE PIU’ COLPITE

SOLO IL 5% DEGLI INCENDI E’ DOVUTO A CAUSE NATURALI, MENTRE IL 95% E’ DOLOSO
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Sono stati più di 800 gli incendi affrontati dai Vigili del Fuoco tra venerdì e sabato mattina, ma sono arrivati a 1500 solo domenica. Dal 15 giugno, gli interventi totali per gli incendi boschivi sono stati 37mila, durante una stagione in cui gli effetti del cambiamento climatico stanno causando eventi climatici estremi più intensi e devastanti del normale in tutto il mondo. 

E quindi ci risiamo, come ogni anno di questi tempi iniziano le grandi manovre, le discussioni dei  Piani Antincendio. Ci si agita, si cerca di trovare soluzioni all’annoso problema degli incendi che distruggono gran parte del patrimonio boschivo nostrano e nazionale. I danni economici sono rilevanti per la comunità. Specie per la Campania, Sardegna e Sicilia, ma anche Puglia, Calabria, Lazio, Abruzzo, Molise e Marche che a leggere le cronache di questi giorni sono le più colpite dagli incendi tra tutte le regioni italiane.  

Se si pensa che mediamente gli incendi distruggono all’incirca 75.000 ettari di bosco all’anno (l’1,2% di tutta la superficie boschiva), allora è facile dedurre che i danni sono enormi. Calcolando anche il dissesto idrogeologico derivante dalla distruzione dei boschi lungo i versanti dei monti, allora si arriva a cifre molto gravose per la comunità in cui viviamo.  

Dai dati della Protezione civile risulta che “In Italia i boschi ricoprono oltre 9.800.000 ettari, circa il 35% del territorio nazionale”. 

Dalla metà degli anni ottanta ai primi anni del 2000, gli incendi boschivi hanno distrutto circa 1.100.000 ettari di superficie boscata: un'estensione superiore a quella dell'Abruzzo!  Se consideriamo gli incendi avuti fino ad oggi, supereremo abbondantemente 1.800.000 ettari di bosco distrutto.  

Ma quali sono le cause principali di questi incendi? Ben il 95% ettari sono distrutti da incendi dolosi, seguono solo il 5% distrutti da incendi dovuti a cause naturali. 

Quest’ultimi sono molto rari in verità. Uno studio inglese ha stilato una tipologia delle cause degli incendi dolosi molto vicina alla realtà. Secondo questo studio chi incendia lo fa per ricavarne un guadagno, oppure per distogliere l’attenzione delle autorità al fine di commettere altri crimini. Ancora, c’è chi incendia per protesta, per sentirsi un eroe, per disordine mentale (il classico piromane per intenderci), infine per noia. Mentre le cause involontarie (accidentali e colpose) si possono far risalire agli scarichi dei motori lungo i sentieri dei boschi, alle scintille prodotte dai treni attraverso i ceppi frenanti che incendiano le sterpaglie ai margini della strada ferrata (ma con l’alta velocità questo non sembra più possibile), tranne che per i treni regionali e locali, ai mozziconi di sigaretta gettati dai finestrini delle auto e dei treni, alle feste campestri e alle braci lasciate dai campeggiatori, ai fuochi artificiali, all’abbruciamento delle stoppie, a manovre militari e a depositi di immondizia.  

E' stata potenziata la flotta aerea antincendio dello Stato. Il nuovo schieramento prevede 40 mezzi dislocati su 16 basi aeree. I mezzi aerei impiegati in Italia nella lotta agli incendi boschivi sono di tre tipi: 

-12 mezzi aerei, distribuiti in forza di apposite convenzioni per tutto l’arco della Campagna AIB in Emilia Romagna, Marche, Umbria, Lazio, Molise, Basilicata e Sicilia:

-16 Velivoli CANADAIR: impiegati per il lancio di acqua;

-Velivoli G 222 e C 130: impiegati nel lancio di liquido ritardante;

-5 elicotteri Erikson S64F in forza al COAU e dislocati in Campania e Sicilia: idonei al lancio di acqua o di liquido ritardante, al trasporto in loco di liquido estinguente, personale e materiale antincendio;

-5 elicotteri AB-412. 

Dal 1988 la flotta aerea antincendio della Protezione civile è stata trasferita al Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.  

Questa flotta antincendio si rivela insufficiente e bisognerebbe acquistare altri canadair ed elicotteri. Basterebbe rinunciare ad un solo F35 che costa 135/140 milioni di euro per acquistare per la stessa cifra ben 7 canadair in più che si rivelerebbero molto utili in questi giorni in cui l’Italia sta fronteggiando numerosi incendi che stanno colpendo varie zone del Paese. 

Invece, siamo costretti, in base ad un accordo di cooperazione tra il Dipartimento della Protezione Civile con Francia e Grecia, coordinate dalla Commissione Europea, a chiedere l’invio di canadair da queste due nazioni. Cosa che è successa in questi ultimi giorni di fuoco. 

Dobbiamo purtroppo constatare che gli incendi stanno rivelandosi fra i più grandi investimenti che si possono immaginare. Gli interessi sono infatti numerosi, e spesso provocate dalla stessa legge destinata alla protezione della natura (Legge n. 353 del 21 novembre 2000: legge quadro sugli incendi boschivi ). 

Il Governo poi delega le Regioni a redigere un Piano Regionale di Previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. Esse lo approvarono sulla base di linee guida e di direttive deliberate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. In ogni caso, ogni anno dovrebbe essere aggiornato. 

Per la regione Campania è stato adottato con D.M. 3 gennaio 2008 (Gazz. Uff. 22 febbraio 2008, n. 45) e con D.M. 3 settembre 2008 (Gazz. Uff. 9 ottobre 2008, n. 237).  

Ma vediamo cosa muove gli incendiari. A monte di ogni incendio c’è spesso un fine di ordine economico: il desiderio di ampliare i pascoli a discapito del bosco, molti operai, assunti da squadre antincendio, poi, per garantirsi il posto e ulteriore lavoro per il rimboschimento provocano incendi, ancora, per vendetta da parte di chi sia stato danneggiato dai proprietari dei boschi oppure non sia stato riassunto come operaio stagionale, per avere contributi pubblici in conseguenza della distruzione dei boschi (la cui resa economica è inferiore ai contributi che se ne ricevono), per interesse da parte delle ditte che producono materiale per spegnere gli incendi e anche da parte di quelli che gestiscono gli elicotteri antincendio e che usufruiscono dei finanziamenti regionali, la speculazione edilizia è una delle più frequenti cause. Insomma, il bosco rende più da morto che da vivo. Solo eliminando questa fabbrica di redditi da bosco si possono risolvere gli incendi, almeno quelli di natura dolosa.  

Occorre inoltre una prevenzione che deve essere culturale, informando sulla importanza ecologica e idrogeologica dei boschi, e tecnica, che può essere attuata con accorgimenti che vanno dalla separazione delle colture agricole dai boschi, alla pulizia, alla realizzazione di sentieri all’aria aperta, alla pulizia del ciglio delle strade, alla pulizia dei boschi in modo da evitare accumuli di erba, arbusti e foglie secche, alla sorveglianza stretta nei periodi maggiormente interessati dagli incendi. Vanno rinforzate le squadre di sorveglianza laddove ci sono e instaurate laddove non esistono. Certo la loro presenza non eviterà gli incendi, ma servirà ad evitare, ma sarà comunque utile per interventi più rapidi. Infatti, la rapidità degli interventi è indispensabile per ridurre i danni del fuoco. Basta pensare che il fuoco marcia ad una velocità molto sostenuta,  100/200 metri all’ora nella stagione invernale e 500/2000 mt all’ora nella stagione estiva. 

Velocità che si raddoppia addirittura quando il terreno è in forte pendenza (30%). 

Da tutto quanto precede, e considerando anche il danno economico procurato (anche per il ripascimento dei boschi con specie adatte), sembra alquanto strano e fuori da ogni logica (altro che spending review) che il Governo Renzi abbia abolito il corpo delle Guardie Forestali per accorparle a quello dei Carabinieri. Questo ha contribuito molto all’emergenza incendi. 

Ma in contrasto alla distruzione boschiva, stranamente, l’Italia è sempre più verde, boschi e foreste avanzano inarrestabili e si impossessano delle campagne abbandonate. Lo conferma l’ultima mappatura nazionale condotta dalle autorità italiane e appena resa pubblica nell’ambito della revisione quinquennale del patrimonio forestale mondiale da parte della Fao (il Global Forest Resources Assessment, FRA 2020 per gli addetti ai lavori).