DI GIACOMO (SIND.POL.PENIT), LA NUOVA STAGIONE DI “COSA NOSTRA” COMINCIA DAL CARCERE E DAI NUOVI EQUILIBRI CON LA ‘NDRANGHETA CALABRESE’

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Dopo la morte del boss dei boss, Totò Riina, la nuova stagione di “Cosa Nostra” comincia dal carcere e da nuovi equilibri dentro la holding delle mafie italiane, in cui la minaccia dell’ndrangheta è cresciuta tanto da essere oggi il principale player nel traffico degli stupefacenti, come riprova il blitz in provincia di Reggio Calabria con 48 arresti e sequestri per 25 milioni di euro.

L’allarme viene dato da Aldo Di Giacomo, segretario generale del  SPP (Sindacato di Polizia Penitenziaria) mettendo in guardia contro l’allentamento della vigilanza negli istituti di pena, compresi i 13 istituti dove sono in cella complessivamente 740 detenuti per reati di criminalità organizzata e terrorismo in regime di carcere duro (41bis).

Non si dimentichi che secondo la legge di mafia per lo stesso principio applicato a Totò Riina, i capimafia detenuti in carcere hanno diritto di parola. E non basta certo il 41 bis ad isolarli, perché in cella la catena del potere non si spezza. Non sarebbe la prima volta che un boss, nonostante il regime del carcere duro, riuscisse a veicolare un’informazione all’esterno. E’ vero, sono lontani i tempi in cui Giuseppe Graviano concepiva un figlio mentre era detenuto, ma una parola appena sussurrata ad un parente può sempre  sfuggire al controllo. Non bisogna inoltre dimenticare che pian piano stanno tornando in libertà decine e decine di vecchi capi mafia che hanno saldato definitivamente il loro conto con lo Stato o che escono con libertà anticipata (per un motivo o per un’altra).

Ma, aggiunge Di Giacomo, continuo a sostenere, soprattutto dopo il recente arresto di Maria Angela Trapani, figlia di un capomafia e moglie dello storico boss Salvino Madonia, il killer di Libero Grasso, che la successione a Riina questa volta potrebbe coinvolgere una donna, moglie, sorella o figlia di un vecchio o emergente capo mafia, proprio come la donna che già è alla guida del mandamento mafioso palermitano di Resuttana. E’ un fenomeno quello femminile che, evidenzia Di Giacomo, da tempo caratterizza la mafia e criminalità organizzata in Sicilia ed altrove superando il vecchio clichè delle donne con ruoli subalterni agli uomini.

Insieme alla “disfatta” del 41 bis, sono dunque preoccupato, conclude il segretario del SPP, che il nuovo ordinamento penitenziario di cui si continua a discutere in questa fine di legislatura possa accrescere il clima di lassismo già percepibile nelle celle invece di contrastare dentro e fuori le celle la scalata ai mandamenti e le nuove alleanze tra mafia e ‘ndrangheta calabrese.