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VITTORIA/FESTA DELLE FORZE ARMATE ITALIANE
Testimonianze dall'ultimo conflitto mondiale per il 91° Anniversario della ricorrenzaSi è mobilitata l'intera città per le celebrazioni in occasione della giornata del IV novembre, giorno in cui si ricordano tutti coloro che in armi hanno lottato, sofferto, perso la vita per l?unità e la libertà del Paese. Il IV novembre di 91 anni fa segnava la fine della Prima Guerra Mondiale, un lungo e atroce conflitto nel corso del quale l'Italia pagò un pesante tributo di sangue. In questa data consacrata a commemorare i nostri caduti di tutte le guerre ed a rendere omaggio a quanti sacrificarono la loro vita per garantire pace e libertà, molte sono state le testimonianze di riconoscenza e rispetto all?impegno delle Forze Armate. Sentita e molto commovente l'iniziativa del Comune di Pompei che ha conferito un attestato di riconoscenza a Giovanni Cirillo, unico superstite dell'eccidio di via Nolana e a Pasquale Casciello, figlio di Bernardo e fratello di Gioacchino, "eroi di libertà che hanno pagato con la loro vita l'attaccamento alle radici pompeiane". Entrambi hanno ripercorso, tra le lacrime, quella tragica giornata. Giovanni Cirillo ha ricordato come eludendo la sorveglianza nazi-fascista sia riuscito a mettersi in salvo e a rifugiarsi a casa di una zia, dove ha, poi, appreso la notizia che i suoi cugini e suo zio erano stati giustiziati. Così la felicità di essere vivo, e di poter raccontare cosa è accaduto in quel tragico 28 settembre del '43, è da sempre rattristata dal ricordo di chi è caduto vittima del fascismo. Medesima la commozione di Pasquale Casciello, rimasto orfano di padre, a cui resta solo il papavero rosso che suo padre, Bernardo, portava all'occhiello ogni 2 maggio in occasione della festa dei lavoratori. Ricorrenza che a lui veniva impedito di celebrare "perché - racconta Casciello - mio padre veniva arrestato dai carabinieri ogni 30 aprile perché considerato un pericoloso sovversivo". Per quanto doloroso possa essere, è Casciello ad insistere sul valore e l'importanza del ricordo. "Perché la cattiveria, l'oltraggio e la violenza di cui gli essere umani, accecati da un'insana ideologia, sono capaci, non venga mai dimenticata". Altro momento toccante dell'evento-convegno, svoltosi nell'aula consiliare di palazzo de Fusco, è stato il dono, che l'architetto Libero Italico Federico - figlio di Romualdo - ha fatto al sindaco Claudio D'Alessio, e all'intera città. All'indomani della resa dei tedeschi, l'allora commissario indicato dalle forze alleate convocò a Palazzo de Fusco, tutta la cittadinanza. Fu in quell'occasione, il 7 maggio del 1945, che Romualdo Federico, pronunciò il suo discorso sulla liberazione: da lì a poco, sarebbe diventato il primo sindaco di Pompei. Scritto di proprio pugno, quel discorso è arrivato fino ai nostri giorni, ed ora, protetto da una teca, è stato donato al sindaco e alla città perché quei giorni di dolore e liberazione, non vengano avvolti dall'oblio. Nel corso della manifestazione, inoltre, lo storico Angelo Pesce, ha ricostruito quei giorni che lo videro, suo malgrado, protagonista di uno degli episodi più significativi. Per scampare alle bombe e alla guerriglia, la popolazione si rifugiò nel santuario della Beata Vergine del Rosario. A pericolo scampato, i cittadini che si erano rifugiato nel santuario uscirono all'aperto e vennero immortalati in una foto scattata dall'esercito alleato. Tra loro c'era il professor Angelo Pesce. Quella foto, fa oggi parte della mostra fotografica allestita per l'occasione, negli spazi antistanti Palazzo de Fusco. Mostra che potrà essere visitata anche nei prossimi giorni. Viva la soddisfazione espressa dal primo cittadino Claudio D'Alessio, commosso dal dono ricevuto, che ha sottolineato come "anche per una città relativamente giovane come quella di Pompei, il ricordo delle proprie origini, del proprio passato, dei suoi concittadini morti per amore della propria città, e per la libertà di tutti, sia sempre vivo. Il loro sacrificio, i loro ideali, guidano l'azione di tutti i cittadini ed è nostro dovere celebrarli e fare tutto quanto in nostro poterne mantenere intatto il ricordo".
Conferenza tenuta dal Palazzo Comunale di Pompei il 7 Maggio del 1945
Cittadini, compagni,
La guerra contro il secolare nemico della civiltà e dell?Italia è finita.
I nostri cuori esultano di gioia i questo momento epico; la commozione e l?entusiasmo ci vince, tutto il nostro essere è pervaso da una felicità infinita.
La lieta novella è giunta a noi oggi, in questo Maggio veramente radioso, Maggio di fiori, di Pace, di Vittoria.
Quell?esercito che ha apportato alla nostra amata Patria e al mondo intero tante distruzioni, tante miserie, tanti lutti, scompaginato e disfatto ha ceduto le armi alla potenza e al valore degli eserciti alleati.
Vada dunque la nostra riconoscenza infinita ai soldati della lontana America e dell?Inghilterra, ai soldati della Russia Sovietica che meravigliando il mondo intero hanno tanto contribuito alla vittoria, ai soldati della Francia tanto grande e tanto sventurata e a tutti gli altri che hanno dato il loro contributo alla vittoria sulla Germania nazista e sul dispotismo fascista.
Ad essi che hanno lasciato ovunque tanti morti sul suolo italiano ed alle loro madri vada la nostra gratitudine imperitura e sia ad esse di conforto il pensiero che i loro figli sono morti per una causa santa.
Il dispotismo che ha tenuto per oltre un ventennio l?Italia sotto i propri artigli è finito per sempre.
Ancora sanguinanti sono le ferite che Le sono state inferte da questa terribile guerra, che il popolo italiano non volle e a cui fu trascinato da un megalomane folle e da altri pochi irresponsabili.
La nostra patria esce da questa spaventosa guerra martoriata e gravemente ferita.
Tutto ciò che era per noi più utile, più bello, più sacro è stato distrutto e dovunque sono ancora le tracce di questo terribile uragano che si è abbattuto sulla nostra terra.
E? dovere adesso di tutto il popolo Italiano, di tutto il nostro popolo laborioso e tenace di pensare alla ricostruzione di tutto ciò che è stato studiatamente distrutto dalla barbarie teutonica e dalla incoscienza fascista.
Molto c?è da rifare, molto da ricostruire in questa dolorante Italia: case, ponti, ferrovie, stabilimenti, industrie.
Dobbiamo avere fiducia nelle nostre forze e nella nostra ferma volontà.
Non chiederemo elemosine agli alleati, ma prestiti.
E se avremo la forza di mantenerci saldamente uniti, senza che alcuna discordia divida il popolo italiano, noi salveremo l?Italia facendola rientrare nel novero delle grandi nazioni libere e democratiche.