VIRUS, LABORATORI, PANDEMIA: LA PROFEZIA DI “THE EYE OF DARKNESS”1981, by DEAN KOONTZ.

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È arduo, oggi escludere a priori l'eventualità che, al di là delle polemiche strumentali tra USA e Cina, riguardo il Coronavirus, dai laboratori di ricerca possano verificarsi fughe, accidentali o meno di microrganismi patogeni.

«Wuhan-400 è un'arma perfetta», «si chiama così perché è stato creato in un laboratorio in un laboratorio alla periferia di Wuhan». Sembrano i passaggi di un blog di un complottista che parla del coronavirus (ribattezzato Covid-2019) che ha già causato oltre 1.300 morti. Invece, sono periodi e passaggi salienti di un suspence thriller statunitense “The eye of darkness”, datato 1981, opera di Dean Koontz e riedito in gran fretta, per sfruttare l'attenzione internazionale sul dramma di Wuhan. L’opera, il cui titolo italiano è “Abisso”, è stato scritto quasi quaranta anni fa da uno scrittore - D. Koontz -, autore di un'ottantina di romanzi, di cui sessanta tradotti in italiano e una ventina divenuti soggetti di film, ipotizza che in un laboratorio di Wuhan sia stato creato un virus letale. Il thriller poi si sviluppa negli Stati Uniti, ma la coincidenza oggi, risulta non poco curiosa.

Altri passaggi del libro: «Fu in quel periodo che uno scienziato cinese di nome Li Chen disertò negli Stati Uniti, trasportando un dischetto delle più importanti e pericolose nuove armi biologiche cinesi in un decennio. Chiamano il materiale "Wuhan-400" perché è stato sviluppato nei loro laboratori RDNA fuori dalla città di Wuhan ed è stato il quattrocentesimo ceppo vitale di microrganismi artificiali creati in quel centro di ricerca. Wuhan-400 è un'arma perfetta. Colpisce solo gli esseri umani».
E se mai esistesse una coincidenza - perché solo di questo si tratta - questa non è passata inosservata alla stampa asiatica. Ad esempio, il ‘South China Morning Post’, ha dedicato a questo libro un lungo articolo, in cui ricorda che a Wuhan esiste un laboratorio di bio sicurezza a livello 4 in grado di gestire questo tipo di virus, ma proprio il ruolo avuto dall'area di Hubei in questo tipo di specializzazione forse aveva ispirato Koontz .

Dunque, la minaccia rappresentata dalla avvenuta irruzione di agenti patogeni nella collettività umana, mostra l'inutilità delle frontiere politiche, al contrario non vengono presidiate le uniche barriere che funzionerebbero, quelle della prevenzione. Del resto, anche nella guerra reale, l'ingestibilità delle armi di distruzione di massa era emersa in tutta la sua spaventosa chiarezza se, all'indomani della Prima Grande Guerra - che aveva conosciuto la tragica esperienza dei gas asfissianti - il 17 giugno 1925 era stato firmato a Ginevra il Protocollo sulla proibizione dell’impiego di usare, durante i conflitti sostanze tossiche e mezzi batteriologici. In linea con esso, nel 1972 è stata sottoscritta, e dal 1975 è in vigore, la ‘Convenzione sulle armi biologiche’ che vieta lo sviluppo, la produzione e la detenzione delle armi batteriologiche, biologiche e tossiniche (virus, batteri ecc.), cui attualmente aderiscono 182 Stati. Purtroppo, a differenza delle armi chimiche (bandite dalla ‘Convenzione di Parigi’ in vigore dal 1997), quelle biologiche non dispongono di un sistema di verifica e monitoraggio, a causa degli ostacoli frapposti dalle grandi potenze dopo sei anni di inutili negoziati, interrotti nel 2001.

Non soltanto le Superpotenze mantengono impianti militari dedicati alla ‘difesa’, nei confronti della guerra biologica e del bioterrorismo, come gli Stati Uniti a Fort Detrick (Maryland) e la Russia nell'isola di Vozrozdenie (nel lago di Aral), poi abbandonati. Ma, come ha ricostruito Adriana Bazzi sul ‘Corriere della sera’ del 21 aprile 2020, talvolta i patogeni sono effettivamente sfuggiti accidentalmente, come il batterio di antrace dal centro di ricerca russo di Sverdlovsk nel 1979, che ha provocato la morte di almeno cento persone. O il virus Marburg, così chiamato dalla città tedesca dove era stato importato dalle scimmie dell'Uganda e che nel 1967 provocò nei ricercatori febbri emorragiche simili a quelle dell'Ebola. O infine, il batterio denominato Burkolderia pseudo mallei, nel 2015 sfuggito dai laboratori di Convington, a 80 chilometri da New Orleans, creando un serio allarme bioterrorismo, poi rientrato.

In conclusione, si potrebbe dire che esistono minacce di fronte alle quali non è praticabile il contrasto. Un esercito può contrastare un attacco con armamenti convenzionali. Di fronte a un attacco con armi biologiche è possibile soltanto, analogamente a quanto accadrebbe a fronte di un attacco con armi nucleari, rispondere con una rappresaglia mediante lo stesso tipo di armi. Il punto è non soltanto che in questo modo non farebbe altro che salire un altro scalino dell'escalation distruttiva ma che – presumibilmente in misura anche superiore rispetto al caso di un conflitto nucleare – finirebbe inesorabilmente coinvolto negli effetti del contagio.

Alla guerra, definita dallo psicanalista Franco Fornari "pantoclastica", cioè onnidistruttiva, si affiancherebbe quella "pan-epidemica" in quanto coinvolgente tutta (pan) la popolazione (demos). Con l'aggravante di comprendervi anche quella all'interno (epi) dei propri confini. Sono queste le armi di distruzione di massa – chimiche, biologiche, nucleari – che in un crescendo di distruttività non lascerebbero né vinti, né vincitori.