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ROMA, LA LEGGENDA DELLA BARCACCIA
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Era il 1598 quando una violenta alluvione sconvolse la città. Il Tevere, non ancora contenuto dai bastioni, straripò allagando la città.
La forza della corrente spazzò via tutto: dalle barche ormeggiate sulla sponda del fiume ai carri ed alle carrozze che ostacolava la furia delle acque in piena, bloccate dall'altura del Pincio. Qui si arrestarono molti di quegli oggetti strappati dal fiume alle case. Anche una barca fini ai piedi della collina del Pincio.
Fu proprio questa a colpire l'attenzione di Pietro Bernini, padre e maestro del grande Gian Lorenzo, che pensò di rappresentare gli effetti devastanti dell'alluvione prendendo quella barca come simbolo. La fontana fu realizzata, nel 1627, da Pietro Bernini con l'aiuto del figlio Gian Lorenzo grazie al finanziamento di papa Urbano VIII, che approvò il progetto.
Una curiosità: perché la fontana è sotto il livello stradale? Non ci pensa nessuno e quei pochi che si sforzano, finiscono con l'affermazione che si è trattato di una scelta architettonica.
La risposta è semplice: si è voluto sfruttare al massimo la pressione dell'acqua Vergine, storicamente bassa.
Sistemando il monumento in modo da rappresentare una barca semisommersa, gli artisti riuscirono a rappresentare il dramma dell'alluvione e del disastro cittadino che ne era seguito ma anche a rendere fruibile la vasca ai cittadini grazie alle fontanelle sistemate a poppa e prua della barca.
Per poco meno di un secolo, restò un monumento solitario davanti alla collina attraversata solo da sentieri solitari. Il luogo fu poi reso magico dalla maestosità della scalinata formata da 135 gradini, sintesi dei progetti di Alessandro Specchi e Francesco De Sanctis, inaugurata nel 1725, anno del Giubileo, da papa Benedetto XIII.
Maria Grazia Lenti