I GIOCHI, GLI SPORT E I DIVERTIMENTI IN POMPEI ANTICA (II PARTE)

Tutte le altre parti, sulla vita politica, sull'organizzazione della città di Pompei, etc...sono state pubblicate su MEZZOSTAMPA e inserite in STORIE DI MEZZO.
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Inoltre c’era la “micatio”, l’attuale gioco della morra, in cui due uomini posti di fronte alzavano ognuno le dita della mano destra, variando ad ogni colpo il numero delle dita che lasciavano aperte e pronosticando ad alta voce il totale. Chi indovinava il totale vinceva. Questo gioco era tollerato anche in pieno giorno.

Un gioco molto polare era quello del tric-trac: si giocava su di una tavola su cui erano segnate dodici linee intersecantesi tra di loro e occorrevano pedine ognuna delle quali aveva da una parte motivi mitologici assieme ad un numero. Le pedine (calculi) dovevano muoversi sulle linee secondo il punteggio ottenuto gettando i dadi ed ossicini.

Il gioco della palla era molto diffuso. Vi erano palle di vario tipo che i giocatori energicamente si lanciavano tra di loro con le mani, senza toccarle con i piedi. Il gioco consisteva nel prendere la palla e velocemente, senza lasciarla cadere, rilanciarla all’avversario.

I giochi dei bambini pompeiani non erano dissimili da quelli dei bambini moderni. Per i più piccini vi erano bellissimi sonagli (crepitaculum, tintinnabulum, crepudia).

Esistevano, inoltre, bambole (pupae) di ogni tipo; di terracotta, di marmo, di legno e stracci, di cera ed altri materiali; con arti movibili o fissi, di varia altezza. Si giocava con piccole spade (ensiculum), con carrettini e cavallini che si potevano trainare con spago.

Si giocava molto con il cerchio (trochus) che era spinto da un bastone con la punta incurvata. Diffusissimo era il gioco della moscacieca e delle noci.

Molti altri giochi erano creati dalla fantasia dei bambini; costruivano casette e castelli e con una semplice canna immaginavano di cavalcare bellissimi cavalli (arundo longa). Proprio come si fa oggi, anche i piccoli pompeiani imitavano gli adulti: si giocava a fare i soldati, i giudici, i magistrati, le signore.

Nel pomeriggio i pompeiani, dopo una giornata di intenso lavoro, si svagavano recandosi agli stabilimenti termali che erano aperti da mezzogiorno al tramonto. Indubbiamente si andava alle terme per prendere i bagni (Caldarium), ma le vaste disponibilità dei locali davano l’opportunità di praticare qualche esercizio di carattere ginnastico o sportivo, sempre però prima del bagno. Infatti, essi ritenevano che il sudore purificasse il corpo, anzitutto dal sudiciume. Naturalmente c’era uno spogliatoio (Apoditerium) dove si mettevano a loro agio.

Dopo il bagno si potevano fare massaggi (tepidarium), per attivare la circolazione, per pulire meglio la pelle con unguenti profumati. Alle terme accedevano sia uomini che donne e anche se avevano reparti separati per il bagno, potevano non solo conversare ma anche fare esercizi di ginnastica assieme.

Oltre che alle Terme, in Pompei ci si poteva divertire a teatro. Gli spettacoli teatrali dovevano essere molteplici; lo si deduce sia dalle numerose pitture che ornavano le pareti, raffiguranti preparazione di recite, sia dal fatto che Pompei avevano due teatri; quello piccolo destinato ad audizioni musicali e poetiche in genere; quello grande (5.000 posti) alla rappresentazione di tragedie, commedie e satire. Nel teatro pompeiano molto spesso il genere tragico si mescolava a quello comico; gli stessi spettatori preferivano questo genere agli altri e ciò è attestato dalle numerose maschere nell’antica città.

Ve ne sono di tutte le espressioni: il padre con doppio profilo, simpatico a destra e antipatico a sinistra; in questo caso l’attore doveva girare il volto secondo l’occasione.

Il parassita veniva rappresentato con una maschera avente il naso adunco; il vizioso con la capigliatura arricciata; i pettegoli e i litigiosi con la bocca contorta e i capelli arricciati.

Il titolo e l’autore delle commedie, oltre ad essere propagandati dagli araldi e da avvisi pubblicitari, erano anche annunciati prima dello spettacolo dal “prolugus”, che dava anche un breve sommario della produzione. La cosa più importante nel teatro era la dinamica del cambio delle scene. Dopo ogni scena, il sipario si alzava e il pubblico era intrattenuto da un suonatore di flauto, mentre gli attori cambiavano frettolosamente i costumi e gli addetti rapidamente allestivano un nuovo scenario. Spesso ci si divertiva burlando candidati, politici e imperatori; nessuno veniva risparmiato.

Nelle esibizioni di mimo non si usava la maschera, ma si cercava di imitare la vita con espressioni del viso indossando gli abiti di tutti i giorni.

Ma lo spettacolo che più appassionava i pompeiani era quello delle lotte gladiatorie che si svolgevano nell’anfiteatro (20.000 posti), le quali ebbero origine in Campania. Il clamore suscitato da questi giochi traspare dal tono eccitato degli avvisi pubblicitari dipinti sui muri.

I gladiatori, reclutati da impresari tra schiavi e criminali, venivano allenati in scuole o ludi e mandati nell’arena con la promessa, in caso di vittoria, della libertà. Combattevano a coppie o a squadra e il vinto poteva chiedere la grazia al pubblico: se agitava il fazzoletto era salvo, se invece protendeva il pugno con il pollice giù, doveva essere ucciso.

I gladiatori erano molto popolari; difatti, di molti di essi, gli spettatori conoscevano il nome e li acclamavano anche durante gli esercizi preparatori. Il combattimento tra gladiatori non era l’unico spettacolo che si svolgeva nell’arena, vi era anche quello dell’uomo contro le belve, o di animali domestici contro le belve feroci. A questi spettacoli sanguinosi i pompeiani assistevano gratuitamente, ne avevano una grande passione e accorrevano in folla.

Il calendario dei giochi era molto vasto, il maggior numero di spettacoli si aveva nel periodo che va da Febbraio a Luglio. Vi erano festività stabilite come quelle celebrate in onore di Apollo “Ludi Apollinares” e festività per avvenimenti straordinari come l’inaugurazione di statue che richiedevano la preparazione di giochi e combattimenti finanziati da duunviri o edili neo-eletti.

I giovani e gli atleti si esercitavano alla lotta, al pugilato, alla corsa, al salto, al salto con i pesi, al pancrazio nella Palestra Sannitica e nella Palestra Grande. Gli esercizi servivano soltanto allo sviluppo delle doti fisiche degli atleti. Il vincitore di queste competizioni era festeggiato e riceveva vari premi: palme, corone, nastri, vasi, bacilli di bronzo. La Grande Palestra era anche sede ufficiale di ludi e pubbliche gare ginniche fatti in ricorrenza religiosa, politica, per il piacere del popolo o per tener lontana l’ira degli Dei, e per assicurarsi l’assistenza divina in momenti di pericolo e di minaccia. In essa vi era un vasto “capsus” utilizzato in vario modo: luogo di insegnamento, di passeggiate, di mercato di schiavi o anche luogo dove si preparavano combattimenti di galli.