COSTRUZIONI, NON SI INTRAVEDE LA FINE DEL TUNNEL, ANCE SALERNO: ANCORA GRAVE IL RISCHIO-USURA

Presentata questa mattina l’Analisi Qualitativa su base semestrale delle dinamiche del settore edile in provincia di Salerno
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Il settore delle costruzioni nel Salernitano “non intravede ancora la fine del tunnel e continua a subire l’onda lunga della crisi”. Questa in sintesi la chiave di lettura dell’indagine qualitativa presentata questa mattina dal Centro Studi di Ance Salerno ed illustrati dal prof. Paolo Coccorese dell’Università degli Studi di Salerno. “La persistenza di tutti i principali indicatori in campo negativo - si legge nel rapporto - sottolinea il permanere di uno stato recessivo, pur a fronte di proiezioni economiche generali improntate a un minore pessimismo”. In questo quadro “il rischio-usura si inserisce pericolosamente nello scenario di un difficile e complesso 2014, caratterizzato da lievi segnali di inversione di tendenza soltanto nel comparto privato”.

Non accenna ad indebolirsi - in stretta relazione con il rischio-usura - il problema dell’accesso al credito. I risultati meno negativi di questa indagine rispetto al rischio-usura “possono attribuirsi - spiegano dal Centro Studi di Ance Salerno - alla minore domanda di credito proveniente dal mercato, che induce minore rischio nel ricorrere a canali non legali di finanziamento”.

Il campione di imprese intervistate reputa, inoltre, alto il livello di pressione fiscale e ne sollecita una sua riduzione sia a livello centrale che regionale e locale. Emerge, infine, l’auspicio di mettere in campo modelli operativi più snelli ed efficaci dal punto di vista dei controlli sull’evasione e sull’elusione fiscale, ritenendo quelli attuali scarsamente incisivi . La “tassa più odiata” dai costruttori salernitani risulta l’Irap, seguita da quella sui rifiuti.

"Al di la dei segnali di lieve inversione di tendenza provenienti principalmente dall’edilizia privata – ha commentato il presidente di Ance Salerno Antonio Lombardi - il problema centrale resta l’immissione di liquidità nel tessuto produttivo. Il credit crunch in Campania ed in provincia di Salerno è un fenomeno ancora saldamente in atto. Nel Salernitano la persistenza delle politiche restrittive nel settore delle costruzioni è stata particolarmente avvertita anche per tutto il 2013, come rilevato dal nostro Centro Studi, al punto che si registra un valore ancora molto importante relativo alla percezione del rischio-usura. È questo il perimetro all’interno del quale ci muoviamo".

"La grave carenza di soggettività politica ed istituzionale dei territori meridionali - continua il presidente Lombardi - si traduce in una pallida incisività in tutte le sedi competenti. Con i risultati che conosciamo: la crescita di un dualismo che non porta a nulla di buono anche in termini di coesione sociale e di potenzialità di futuro per le giovani generazioni. In altri termini: la selezione meritocratica inesistente della classe dirigente (non solo politico ed istituzionale) ed il radicamento di un sistema di consociativismo localistico sterile e controproducente continua a pietrificare le tante opzioni di ripartenza di troppe aree del Mezzogiorno che di fatto guardano l’Europa da troppo lontano, se non quasi dall’esterno. Se continuiamo così, rischiamo di non superare la più grave crisi del dopoguerra".

"È il momento – ha concluso il presidente di ANCE Salerno - di concentrarsi sulle priorità, senza perdere ulteriore tempo: riqualificazione urbana, energie rinnovabili, sviluppo delle aree interne, infrastrutture e logistica. Occorre intervenire per ampliare le dimensioni medie d’impresa, per il rafforzamento della ricerca, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico; per l’aumento del grado di apertura verso l’estero e per il rilancio delle politiche di attrazione; per la riqualificazione del modello di specializzazione produttiva; per la riduzione del grado di fragilità finanziaria delle imprese, che rende più difficile l’accesso al credito".

Della necessità di attivare «nuovi percorsi di sviluppo territoriale» legati ad una identità e visione d’area vasta, di «città delle reti» e di nuovi modelli urbani che sostengano lo sviluppo sul versante della sostenibilità, del’innovazione e dell’inclusione sociale ed economica ha parlato il prof. Pasquale Persico, intervenuto alla conferenza stampa. "Il problema che ci troviamo di fronte oggi è che nel processo di urbanizzazione diffuso, anche nel caso di interventi complessi – ha detto - continua ad affermarsi la cultura della separazione. Il concetto di Area Vasta rivisita, invece, l’impostazione del confine (a partire da quello amministrativo) e fa riferimento ad un’idea di città o densità territoriale (che chiameremo ancora città) che ha bisogno, però, di definirsi all’interno di uno spazio “allargato e multi-scalare”. Uno spazio di rottura degli attuali confini culturali e disciplinari che ci fa entrare con una nuova soggettività territoriale nell’ambito della cosiddetta seconda globalizzazione (territori resilienti con vantaggi competitivi localizzati, sia in termini di potenziale creativo, che di autonomia strategica)".

"Il concetto di Area Vasta – ha aggiunto ancora il prefessore Persico – implica mettere in campo una governance territoriale in grado di gestire in maniera efficiente e lungimirante i percorsi di cambiamento. Le città sono chiamate ad un salto di scala nella gestione e nella ideazione di nuovi piani integrati urbani e non urbani".

"La nuova programmazione europea, ha spiegato ancora Persico, guarda alle città come «motore di sviluppo e di cambiamento sul versante della sostenibilità, dell’innovazione e dell’inclusione sociale ed economica dei territori “altri”. Non è possibile parlare di città senza parlare di “altre città”, cioè dei territori che appartengono al “paesaggio della città” come identità irrinunciabile a cui fare riferimento. Devono, pertanto, essere messe in discussione le vecchie terminologie parziali (città e periferie, città e campagna, parchi urbani, aree interne, etc) per tentare una “ricucitura delle frammentazioni urbane e non urbane”.