IL FISCO ADOCCHIA ANCHE LE PROSTITUTE: PRENDONO COMPENSI DA LAVORO AUTONOMO. PRESTO PER LE LORO PRESTAZIONI RICEVUTE E/O INGOMBRANTI REGISTRATORI DI CASSA'

letto 2046 volte
tariffe-case-tolleranza.jpg

La lotta all'evasione è una delle priorità del governo Renzi e sarà sicuramente per tale motivo, unitamente a quello di “rimpinguare i forzieri statali”, che nel mirino dell'Agenzia delle entrare potrebbero finire in tempi brevi anche le prostitute.

Interrogativo d’obbligo: Come riuscire a fare emergere questi redditi nascosti all’occhio vigile a attento del “marpione/fisco”? Esiste ed è gelosamente custodito negli archivi pubblici una maxi schedatura delle prostitute di borgo a Bologna che, qualche anno addietro, fu scelta come città-pilota per la stima di un primo, vero e circostanziato “inventario” delle donne dedite al mestiere più antico del mondo.

Taccuino in mano, i carabinieri coinvolti nel maxi controllo, setacciarono ogni dove della città emiliana per censire le prostitute e naturalmente anche i loro guadagni (fingendosi, magari, clienti/utilizzatori) oscillanti dai 300 a 500 euro a notte. Dopo poche settimane da tale blitz iniziarono a diffondersi e sviluppare delle vere e proprie schede di sintesi con numeri e “presumibili” volumi di affari del settore della prostituzione . Il business/industria del sesso è risultato, pertanto, “fotografato” imprenditorialmente e, naturalmente, contabilizzato nei dettagli: 70 mila prostitute mediamente presenti quotidianamente nel nostro paese per “accogliere e soddisfare ” circa 9 milioni di utilizzatori/clienti ad un costo medio per prestazione di 50 euro.

L’ammontare del relativo giro d'affari, sicuramente per difetto, secondo tale indagine, è attestato sui 100 milioni di euro al mese con una proiezione annuale che supera di gran lunga il miliardo di euro. Se al “monte/imponibile reddituale" si applicasse l'aliquota media al 26% il fisco intascherebbe circa 260 milioni di euro annui.

Hot/tax, tra fantasia e realtà? Per spiegare la legittimità di tale reddito è necessario proseguire per steps. Iniziamo a spolverare il sacro principio dell’art 53 della nostra costituzione, laddove è stabilito che "...tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva...".

Rientrerebbero, gioco forza, in tale perimetro anche le prostitute ed escort. Come? L'art.14, comma 4, della legge n.537/1993, precisa che "...Nelle categorie dei redditi di cui all’art 6 (che enuclea le diverse tipologie di reddito, nda) devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale".

Stabilito ciò i relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria: per le prostitute si aprirebbero, pertanto, i naturali scenari di applicazione del reddito di lavoro autonomo (al pari dei medici, ingegneri, notai , commercialisti, giornalisti,, ecc), agganciandosi, pertanto, proprio al principio su citato del l'art. 53 Cost., (Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività) .

Da segnalare che proprio nel recente passato sua Maestà Fisco ha già “pizzicato” una ignota (all’anagrafe tributaria) ma intraprendente giovane russa risultata proprietaria di una fiammante Porsche e alcuni immobili in Emilia Romagna. La tesi difensiva sostenuta dall’avvenente e formosa donna era quella di dichiararsi (con non poco vanto) “esperta escort” e, per quanto tale, i proventi che da tale attività risultava “introitare” non dovevano essere dichiarati perché ricadenti nel perimetro della loro piena illiceità, al pari di pizzo e tangenti tanto per intenderci. Più precisamente la ragazza, dimostrando di conoscere le leggi italiane (che vietano la prostituzione e di riflesso i proventi da essa derivanti). Aveva tentato di ribaltare la sentenza in suo favore, provando la sua attività di prostituta con tanto di sito internet e foto osé. Tesi non condivisa dai giudici della Commissione Tributaria di Rimini che hanno confermato la riconducibilità di tali “introiti” a quelli di "lavoro autonomo" richiedendo all’avvenente “madame russa” tributi con sanzioni e interessi per tutte le annualità non prescritte.

Se non c’è sfruttamento (che resta reato per nostro codice ), questa la massima: chi vende il proprio corpo lo fà in maniera "autonoma", contrattando liberamente i compensi (al pari delle tariffe professionali) e quindi il conseguente reddito va tassato. Da ciò, quindi, si desume che chiunque svolga prevalentemente e continuativamente una professione (come quella di escort ) ha l’obbligo di segnalarsi al Fisco (attraverso la partita Iva ) per tutti gli adempimenti consequenziali ( versamento tasse all’erario) e adempimenti formali (rilascio ricevute/parcelle e scontrini). In quest’ultimo caso le violazioni (omissioni di rilascio delle prescritte certificazioni) coinvolgerebbero anche i committenti/clienti.