L'INTERVISTA: DACIA MARAINI

La scrittrice presenta il suo libro alla Biblioteca 'Morlicchio'
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Signora Maraini, nella sua ultima opera, ?L?amore rubato? , lei racconta otto storie di donne violentate e picchiate. Si tratta ormai di vicende che quotidianamente ci vengono riportate dalla cronaca. Come può la letteratura far sì che non ci si abitui a storie di questo tipo?

'Continuando a parlarne, ma soprattutto facendolo in modo tale da rispettare il dolore di queste donne. Molto spesso ci troviamo difronte ad un giornalismo invadente quasi morboso. È importante, invece, che ci sia una letteratura che denunci, che sensibilizzi, che educhi. Quando si parla di violenza, non può farsi una questione di genere tra uomo e donna perché spesso si tratta della tendenza a ripetere le esperienze e le violenze subite durante l?infanzia. È pur vero, però, che c?è una storia in cui gli uomini sono stati incoraggiati ad utilizzare la violenza come strumento per ottenere con coercizione le cose. È necessario quindi lavorare sulla cultura e sull?educazione, insegnando ai bambini sin da piccoli che l?amore non dà il diritto al possesso dell?atro'.

? La Grande Festa? forse è uno dei suoi romanzi più intimi. In quest?opera lei tratta temi delicati come la morte e il ricordo, rievocando i suoi cari scomparsi: da un figlio mai nato a suo padre, agli amici come Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini. Come si può convivere con perdite di questo tipo e come ci aiuta la poesia ad aggrapparci alla vita?

'C?è tutta una letteratura negativa al riguardo, quasi come se i morti divenissero figure spaventose. Per me sono immagini in grado di influenzare positivamente le nostre vite. Credo nell?importanza di avere un buon rapporto con i nostri cari scomparsi perché rappresentano la nostra memoria e senza di questa noi non possiamo esistere. La memoria è la coscienza dell?individuo ma quella personale da sola non basta; ha bisogno di mettersi in rapporto dialettico con la memoria collettiva che ha dei confini molto più ampia e questo è consentito soprattutto dai libri '.


I libri sono un po? come dei figli, c?è qualcuno però a cui è particolarmente legata?

'No. Proprio come le madri con i figli le mie opere sono tutte sullo stesso piano affettivo. Ognuno ha rappresentato un determinato momento della mia vita ed ognuno ha richiesto un grande lavoro'.

Come sceglie le sue letture?

'Tutto può stimolare la mia curiosità, gli ambienti che frequento, ciò che sto scrivendo. Ad esempio avendo trattato di storie vere mi sono documentata, del resto come accade per tutte le cose che faccio'.

Nella sua vita oltre la scrittura c?è il teatro. Cosa l?attira in particolar modo di quest?arte?

'Il teatro mi piace molto perché è un lavoro collettivo, mentre la scrittura è legata ad una dimensione molto personale e solitaria'

Questi due tipi diversi di esperienze le portano ad avvertire un diverso rapporto con il pubblico?

'Assolutamente si. Nel teatro il pubblico è fondamentale, è l?elemento che attribuisce forza ed è importantissimo interagire con chi è presente in sala. Nella scrittura, ovviamente, pur essendo importante che ci sia chi legge il libro, non c?è un rapporto immediato con il lettore'.

Quanto è importante spronare le persone alla lettura?

'Un Paese si dice civilizzato quando le gente legge. Chi legge un libro lo scrive e attiva l?immaginazione che è un motore fondamentale del pensiero umano. Senza immaginazione non esistiamo. Ci si fa protagonisti di una storia che reinventiamo a nostro modo e siamo noi ad aggiungerne i dettagli.  Il pensiero è un vento, qualcosa che scorre, e fissare il pensiero nella scrittura è già un modo di dare una struttura al pensiero. Non a caso tutte le grandi religioni e le grandi filosofie hanno un libro. Quest?opera di educazione alla lettura deve partire fin dai bambini ed è per questo che la scuola va sovvenzionata ed aiutata nella sua difficile opera di formazione dei buoni cittadini'.