FOIBE, GIORNATA DEL RICORDO. ISTITUITA CON LA LEGGE 30 MARZO 2004 N.92. PAGINA NERA DELLA STORIA NAZIONALE

Dichiarazioni del Presidente della Provincia di Salerno Iannone, del deputato di FdI Cirielli, di Rotta di collisione, di Vittorio Acocella F.I. e IDV.
letto 1543 volte
1-foibasov.gif

(Nella foto, la Foiba di Basovizza, dove venivano buttate le vittime). Oggi è la Giornata del Ricordo delle vittime delle Foibe e dell'esodo Giuliano-Dalmata. Tra il 1943 e il 1947 migliaia di italiani furono uccisi dalle truppe jugoslave e gettati nelle cavità carsiche, che nascosero per molti anni i loro corpi. Numerose le commemorazioni previste, soprattutto nelle scuole. In Senato la cerimonia alla presenza del Capo dello Stato. La solenne cerimonia alla Foiba di Basovizza ha aperto le celebrazioni del Giorno del Ricordo, che dal 2004 commemora le vittime. Il silenzio su questa triste vicenda è durato oltre 50 anni. Si è interrotto solo negli anni Novanta e poi con una legge, nel 2004, che istituisce il Giorno del Ricordo, il 10 febbraio.

Sulla giornata del ricordo e sulle Foibe, il Presidente della Provincia di Salerno Iannone, dichiara: “Il 10 Febbraio è la giornata della memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo Giuliano-Dalmata. Una pagina nera della storia nazionale: i comunisti di Tito sterminarono migliaia di Italiani gettandoli vivi nelle cavità carsiche. Oltre 350mila persone, inoltre, furono deportate dalla propria terra e sparpagliate su tutto il territorio nazionale nel colpevole silenzio della Democrazia Cristiana e nel disprezzo del Partito Comunista Italiano che li bollava come fascisti. Oggi diciamo tutti insieme: Io ricordo”.

Anche Edmondo Cirielli, deputato di Fratelli d'Italia e componente dell'Ufficio di Presidenza di Montecitorio, ha voluto dire la sua in merito: "10 febbraio. Noi ricordiamo. Ricordiamo le donne e gli uomini che, su ordine del dittatore comunista Tito, furono trucidati, colpevoli solo di essere italiani. A loro e agli esuli della Dalmazia, dell'Istria e della Venezia Giulia il nostro pensiero, perché ogni italiano possa raccontare la tragedia delle Foibe, ne sia testimone e non dimentichi. Per troppi anni, l'Italia ha voluto seppellire quel massacro, cancellandone l'esistenza e la memoria. Noi, invece, vogliamo ricordare, rendere onore e capire. Perché le Foibe non continuino ad essere scomode". 

Ricordiamo che Foiba è il termine dialettale con cui, in Venezia Giulia, si indicano i grandi inghiottitoi (o caverne verticali, o pozzi), tipici della regione. Le foibe non sono quindi dei particolari tipi di caverne come viene spesso, erroneamente, affermato, ma solo il termine con cui vengono indicati, nella regione giuliana, gli inghiottitoi carsici, che in tale regione assumono spesso dimensioni spettacolari. Se ne contano circa 1700 in Istria. In questi inghiottitoi venivano buttate le vittime dai partigiani.

Anche i giovani di "Rotta di Collisione"  hanno voluto testimoniare con uno striscione commemorativo questo giorno: “Ricordare e raccontare la tragedia delle foibe e l’esodo di oltre trecentomila italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia è un impegno che le Istituzioni hanno assunto con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, dopo oltre cinquant’anni anni di colpevole oblio e vergognoso silenzio. Il nostro sogno è che ogni italiano ricordi questa tragedia, per rendere onore ai nostri connazionali uccisi con l’unica colpa di essere italiani. Ogni 10 febbraio l’Italia colma il debito di memoria verso quei figli a lungo dimenticati. Purtroppo il cammino è lungo e impervio. Alle solite, vergognose, resistenze ideologiche che riscontriamo troppo spesso nelle nostre scuole, si aggiunge spesso sull’ignoranza: non registriamo, infatti, iniziative istituzionali degne di nota per celebrare il Giorno del Ricordo. Malgrado tutto, però, oggi sempre più italiani e, soprattutto, sempre più giovani sanno quel che accadde sul nostro confine orientale. Ricordare questo doloroso capitolo della nostra storia - concludono i ragazzi del coordinamento ‘Rotta di Collisione’- è una sfida che riguarda, innanzitutto, le nuove generazioni, perché la riflessione storica è sempre un momento di crescita”.

Il responsabile per la Regione Campania dell’Esercito di Silvio, Vittorio Acocella, non ha voluto essere da meno ed ha dichiarato: “Nel giorno del ricordo della tragedia delle foibe e dell’esodo degli Italiani da Istria, Fiume e Dalmazia ci uniamo agli appelli per la revoca del titolo di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica al dittatore comunista Tito”. “Come Esercito di Silvio – continua - sentiamo il dovere di ricordare quella che è una pagina di storia  per troppi anni dimenticata. Sono state almeno 15mila le vittime delle “foibe”. Più di 250mila Italiani furono costretti all’esodo forzato da  Istria, Fiume e Dalmazia.  Per rendere onore ai martiri e giustizia agli esuli e ai loro parenti sentiamo il dovere di unirci agli appelli affinché venga revocato al colpevole di tali atrocità, il dittatore comunista jugoslavo Tito, il titolo di Cavaliere di Gran Croce Ordine al merito della Repubblica Italiana, con l’aggiunta del Gran cordone, il più alto riconoscimento previsto , con cui il presidente Giuseppe Saragat nel 1969 ha ritenuto di decorarlo, in spregio alla nostra memoria nazionale” . “Inoltre alla luce dei recenti episodi nel corso dei quali sono stati deturpati diversi  monumenti in memoria dei martiri delle foibe, - continua Acocella - crediamo che vi sia la necessità di ricordare queste tragedie nella loro devastante atrocità in tutte le sedi istituzionali e che vi sia il dovere di far studiare ai nostri giovani la storia del nostro paese senza cancellarne le pagine scomode. Perché solo chi non ha studiato o non conosce la realtà, può rendersi artefice di tali atti di vilipendio alla memoria di uomini e donne chiamati erroneamente dalla storia fascisti, ma che invece erano più semplicemente italiani

Per chiudere, anche l'IDV, con Maria Lorenzi, Presidente della Commissione Cultura del Comune di Napoli, la cui famiglia è di origini triestine e ha vissuto da vicino l'orrore delle foibe, ha dichiarato: "Il giorno del ricordo restituisca la verità storica a chi è rimasto vittima non solo degli orrori della pulizia etnica, ma anche delle reticenze intellettuali”. “E’ solo da dieci anni che le Foibe hanno conquistato il diritto di memoria. Fu il 30 marzo 2004, infatti che il Parlamento della Repubblica varò la legge che dichiara Giorno del Ricordo il 10 febbraio: solo allora le vittime di uno dei più orrendi massacri del “secolo breve” trovarono posto del sacrario virtuale dei civili sacrificati agli interessi della doppia verità ideologica. Fin lì la loro sorte era stata due volte crudele: povera gente precipitata negli anfratti rocciosi istriani e dalmati dalle belve di Tito e dai loro complici, prima, e poi inghiottite dal silenzio che avrebbe dovuto sigillare le cattive coscienze di tanti, di qua e di là da un confine rintracciato dall’infamia. La storia delle Foibe è innanzitutto questo: un monito che addita un doppio errore, quello della “pulizia etnica” e quello della “reticenza intellettuale”, entrambi perpetrati al servizio della “ragion politica” fatta  Moloch  cui immolare innocenti. L’oblio che per lunghi decenni ha ricacciato nel silenzio i tanti tentativi di riportare alla luce l’atroce verità consumatasi nel triennio che precedette la fine della seconda guerra mondiale è una lezione di cinismo e di ipocrisia. In realtà, oggi siamo chiamati ad onorare le vittime di una certa Storia e di una certa Storiografia, entrambe al servizio della stessa logica disumana. Basti pensare al fatto che ancora non abbiamo il numero, ancorché approssimativo, di quanti furono infoibati in quegli anni. Ancora non sappiamo se esistano altre fosse comuni oltre a quelle scoperte. Abbiamo, invece, i nomi dei carnefici, quasi tutti morti di vecchiaia, senza aver mai pagato per le loro colpe, coperti in Jugoslavia e qui in Italia da chi temeva che, insieme a loro, sul banco degli imputati sarebbe stata portata anche la più strumentale delle vulgate intorno alla Resistenza. Di fatto, abbiamo dovuto attendere che il mito mostrasse le sue crepe perché in esso si potessero scorgere gli innominabili episodi di viltà e ferocia di cui si erano macchiati alcuni dei vincitori. Né è bastato averne prova tangibile per ridare subito dignità alle vittime: mentre amnistie, prescrizioni e rogatorie andate a vuoto impedivano alla giustizia di fare il giusto corso, gli infoibati subivano una seconda condanna, ancora più crudele per certi versi, perché li destinava ad essere considerati un prezzo da pagare per evitare di mettere in discussione un’egemonia culturale ormai consolidata. Ora, penso, non siamo chiamati solo a ricordare un orrendo capitolo di Storia, ma anche a fare della memoria un garante del diritto alla verità storica, traendola fuori dai gusci retorici in cui va a perdere ragione e senso. Ben più, molto di più, di una commemorazione: siamo chiamati ad onorare la Storia come continua ricerca, piuttosto che come freddo monumento alla più comoda tra le menzogne a disposizione”.