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MALATTIE MENTALI: E' ALLARME PANDEMIA DEL FUTURO
La pandemia da Covid-19, in tre anni, ha accelerato i tempi di un’altra pandemia, ancora più pericolosa per il futuro: con un incremento delle diagnosi del 30%, come indicato dall’Oms, ma che ogni specialista in Psichiatria ha potuto verificare nella quotidianità del proprio lavoro, la prevalenza dei disturbi mentali sta per superare quella delle patologie cardiovascolari. Depressione ed altre patologie psichiche saranno le più diffuse nel mondo già prima del 2030, anno in cui, sempre l’Oms, aveva stimato il ‘sorpasso’”. Numeri che valgono, nella sola in Italia il 4% del prodotto interno lordo, tra spese dirette e indirette. Senza contare la diminuzione dell’aspettativa di vita di 10 anni.
Verificare lo stato della salute mentale del nostro pianeta sembrerebbe una mission impossible, eppure è ciò che sta facendo ‘Sapien Labs’ con il suo ambizioso ‘Global Mind Project’. Questo Progetto, attraverso un sondaggio chiamato ‘Mental Health Quotient’, che ha raggiunto oltre 400.000 persone in 71 paesi,non solo fornisce una panoramica annuale del benessere mentale globale, ma cerca anche di identificare i motivi alla base del disagio psicologico nella società moderna.
I risultati conseguiti finora, delineano una mappa dei “fattori di follia” e sollevano severe domande su come indirizzare il progresso verso il bene comune, per proteggere la nostra fragile psiche nell’era della modernità.
La domanda cardine della ricerca e’ stata: ‘cosa comporta la modernizzazione ai nostri cervelli’?
Nel 2014, la neuroscienziata Tara Thiagarajan gestiva una società di microfinanza in un’area rurale dell’India e decise di eseguire un esperimento in proprio, usando un copricapo EEG portatile. Confrontando l’attività cerebrale propria e dei colleghi - esposti alla ’vita moderna’ - con quella di persone che avevano trascorso l’esistenza in villaggi sperduti, noto’ differenze sorprendenti. Come se i cervelli dei villici avessero imboccato strade del tutto diverse.
Questa prima evidenza spinse la dottoressa a proseguire la ricerca, fino a fondare dopo sei anni di studi il ‘Sapien Labs’ e lanciare il ‘Global Mind Project’, con l’obiettivo di mappare su larga scala, l’impatto della modernizzazione sulla salute mentale.
Fulcro del progetto è il ‘Mental Health Quotient’ (MHQ), un quoziente che sintetizza 47 aspetti della salute mentale in un singolo punteggio su una scala da 1 a 300 punti, da “in difficoltà” a “prosperante”.
Il Global Mind Project ha indagato su diversi possibili colpevoli della follia, a partire dall’uso ed abuso degli smartphone: secondo la dottoressa Thiagarajan, “più giovane sei quando ottieni il tuo smartphone, peggio starai da adulto”, con conseguenze concentrate soprattutto sulle giovani donne.
Un altro indiziato è il cibo ultra-processato realizzato con sostanze che raramente si troverebbero in una cucina di casa. Mangiarne più volte al giorno triplica il rischio di gravi problemi di salute mentale, indipendentemente da esercizio fisico, o reddito.
Infine, c’è la crisi dei rapporti familiari: laddove i legami sono più saldi e numerosi, come nelle società meno esposte alla modernità, la salute mentale è migliore.
Curiosamente, confrontando la classifica di salute mentale con il World Happiness Report che misura la felicità percepita, molti risultati sono invertiti: Paesi come Repubblica Dominicana, Sri Lanka e Tanzania, ai primi posti per salute mentale, sono nelle retrovie per felicità percepita.
Secondo la ricercatrice la chiave di tale stranezza sarebbe nel distinguere tra “sentimento” e “funzionamento”. In sintesi, un individuo potrebbe sentirsi alla grande per se’, ma funzionare male nel mondo. L’MHQ, il quoziente sviluppato dal Global Mind Project, cerca di catturare entrambi gli aspetti basandosi sulla definizione di salute mentale dell’OMS, che include la capacità di ogni essere umano di contribuire attivamente o produttivamente alla società.
Perciò sembra che il genere umano stia sacrificando il proprio benessere mentale sull’altare del progresso. Ma non deve per forza essere così. Come sottolinea Thiagarajan, ciò che conta è la “direzione” della crescita e se è orientata al bene comune. Al momento, però, “la crescita sta causando danni”. Per invertire la rotta, servono azioni mirate, a partire da una regolamentazione più stringente. “Se è un tutti contro tutti”, avverte la neuroscienziata, “le persone prenderanno la scorciatoia più facile verso profitti a breve termine a spese della salute mentale”.
Il Global Mind Project ci mette di fronte ad una sfida epocale: ripensare il nostro modello di sviluppo per mettere al centro il benessere psicologico. Non si tratta di rinnegare il progresso, ma di indirizzarlo verso obiettivi più umani. Perché se c’è una cosa che i dati ci dicono chiaramente, è che la felicità non si misura né in PIL, né in like su Instagram.
Si misura nella qualità delle nostre relazioni, nella salubrità del nostro cibo e dell’aria, nell’equilibrio tra vita privata e lavoro. Sono fattori che la corsa forsennata alla modernità sta erodendo, lasciandoci più connessi che mai, prigionieri di una rete (the net) invisibile, eppure sempre più soli e mentalmente fragili, se non seriamente disturbati.
Siamo di fronte ad un allarme mondiale per la salute mentale.
Magda Della Serra
FONTI:
-eda.admin.ch
-epicentro.iss.it
-siep.it
-ilo.org
-nurse24.it
-sapienlab.org
-ncbi.nlm.nih.gov
-krea.edu.in
-solve.mit.edu
-sangath.in
-worldhappiness.report